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Area archeologica. Selinute, Sgarbi “Preziosi studi dell’Università di Camerino”

Sgarbi

Felice che l’Università  di Camerino abbia un accordo con Selinunte. Gli studi dell’Università di Camerino sono certamente preziosi per capire fino a che punto possiamo confidare sulle costruzioni precedenti e su quanto sul piano della geologia possa essere utile per la ricostruzione” . Lo ha affermato Vittorio Sgarbi partecipando alla presentazione degli studi scientifici, condotti dal gruppo di ricerca dell’Università di Camerino sotto la guida del prof. Gilberto Pambianchi, svoltasi al Parco Archeologico di Selinunte dinanzi alla presenza anche della stampa di tutto il mondo. Sgarbi ha sottolineato l’eccellenza dell’Università di Camerino che è  attiva e dinamica pur in un momento particolarmente critico per un territorio, quale quello marchigiano, duramente colpito dal terremoto.  Il critico d’arte alludeva alla ricostruzione dei Templi ed in particolare al Tempio G di Selinunte.

 

“Abbiamo uno staff di ricercatori che opera in questo settore che oltre a conoscere le caratteristiche del sottosuolo, a svolgere rilievi che un geologo, è in grado anche di dare informazioni su cosa era, su ciò che è stato, su ciò che era stato costruito e che magari oggi non è visibile perché è stato coperto da sabbia da terra. E’ un’occasione incredibile. Sono fiero dei miei collaboratori – ha dichiarato Claudio Pettinari, Magnifico Rettore dell’Università di Camerino, intervistato dai numerosi giornalisti italiani e stranieri presenti all’evento –  li devo abbracciare e li devo ringraziare tutti perché dimostrano che la geologia è viva, che la geologia è importante e che conoscere i siti può dare informazioni sul passato ma che queste informazioni sono utili per il futuro. Come Università, per altro in un territorio martoriato dal terremoto, abbiamo cercato di mettere insieme le competenze e le conoscenze di tanti ricercatori: dai geologi agli archeologi, ai chimici, ai fisici, biologi, storici. Mettere insieme queste competenze, significa dare un quadro completo e presentare soluzioni innovative per lo studio e l’utilizzo di un sito. Quando parlo di utilizzo intendo possibilità di creare intorno ad un sito come quello di Selinunte, tantissimi posti di lavoro. Possiamo far crescere i nostri giovani, far nascere delle imprese culturali che attraggano visitatori. Anche lo studio di questo territorio, delle faglie consentirà di comprendere non solo dove costruire ma anche come costruire.  Da parte nostra siamo a disposizione ma credo ci debba essere da parte degli organi di Governo l’interesse a studiare questo territorio”.

 

La tecnica, la metodologia, la ricerca dell’Università di Camerino modello esportabile in altre regioni italiane sismiche come Campania e non solo.

“Questa metodologia di lavoro, questa tecnologia che noi applichiamo per identificare ciò che c’è sotto, credo possa essere utilizzata sicuramente per conoscere qualcosa di più di quello che è il rischio sismico – ha concluso il Rettore –  quindi come affrontarlo e come renderci immuni il più possibile dai danni che un terremoto può produrre. Questo lavoro può essere esportato perché consente una conoscenza dei siti che oggi è essenziale per fare impresa culturale. Penso alla  Campania, alla Basilicata, alle Marche, regione da cui provengo e dove il terremoto ha reso inagibile 500 edifici storici di valore architettonico e non visitabili le 95.000 opere che vi erano contenute”.

 

Ed ecco la ricerca applicata al sito archeologico di Selinunte con risultati importantissimi.

 

“Grazie al progetto di ricerca condotto dai geomorfologi dell’Università di Camerino e giunto al primo anno, abbiamo verificato che intorno ai Templi di Selinunte esiste un quartiere molto importante, praticamente una nuova Pompei. Attraverso scavi archeologici continuati nel tempo – ha dichiarato Enrico Caruso, Direttore del Parco Archeologico di Selinunte, Soprintendente ad Interim ai Beni Culturali di Trapani –  potremmo immaginare di portare alla luce il sistema di Selinunte. Una Selinunte immensa che non si limita solo ad essere una città grande che va oltre l’Acropoli ma addirittura invade anche gli spazi della Collina orientale e sicuramente anche della collina Occidentale in prossimità della Necropoli”. L’intera equipe di ricercatori italiani è guidata dal professore Gilberto Pambianchi, Ordinario di Geomorfologia presso l’Università di Camerino e Presidente Nazionale dei Geomorfologi Italiani.

 

“Attraverso dettagliati studi di Geomorfologia Ambientale ed Idrogeologia effettuati sul posto, siamo riusciti a ricostruire, in 3 D, la situazione paleo – ambientale esistita nel corso di tutte le principali colonizzazioni storiche. Siamo dinanzi a risultati importanti perché con l’uso delle apposite strumentazioni a disposizione dei geomorfologi italiani, è stato possibile vedere come era l’ambiente naturale antecedente alle epoche storiche già conosciute  – ha sottolineato Gilberto Pambianchi, Presidente dei Geomorfologi Italiani, Ordinario  di Geomorfologia e Geografia Fisica dell’Università di Camerino e Coordinatore del progetto scientifico di ricerca sul Parco Archeologico di Selinunte – ma con l’ausilio di una termo camera siamo riusciti ad ottenere immagini uniche degli ambienti sottostanti. E’ come se si scoprisse una Pompei antica antecedente a quella che oggi vediamo e che possiamo visitare perché a Selinunte siamo riusciti a filmare con la termo camera in sostanza gli ambienti naturali dei primi insediamenti, dunque una realtà non ancora venuta alla luce, ma che è sotto. Siamo riusciti anche a definire lo stato delle pericolosità idrogeologiche e sismiche insistenti su tale territorio e che potrebbero gravemente colpire l’eccezionale patrimonio monumentale esistente. In questo modo, grazie a tale studio, non solo abbiamo visto gli ambienti sottostanti  ma abbiamo potuto valutare il livello di rischio geologico in modo tale da poterlo prevenire ed aumentare la sicurezza di questo patrimonio culturale siciliano e non solo. Tutto questo attraverso dettagliati studi di Geomorfologia Ambientale ed Idrogeologia.  Gli studi, dunque dureranno altri due anni. A breve eseguiremo una serie di mirati e programmati sondaggi geognostici, strategicamente ubicati nell’area del Parco e fondamentali alla taratura geoarcheologica, stratigrafica, cronologica e paleo ambientale del sito.  Effettueremo dunque sul territorio dei sondaggi litostratigrafici con una larghezza del foro di circa 10 cm ed una profondità variabile dai 5 ai 30 metri. Le carote estratte saranno identificate ed archiviate su apposite cassette catalogatrici depositate presso i laboratori del Parco di Selinunte e quindi messe a disposizione dei ricercatori archeologi, botanici, geologi, storici, climatologi ed esperti di storia dell’alimentazione. Infatti grazie a tali scoperte riusciremo a conoscere tante cose importanti. Ad esempio : quale era il clima all’epoca delle colonizzazioni storiche? Quale era l’ambiente e quali le piante? Cosa mangiavano i primi abitanti di Selinunte?”.

 

“Abbiamo condotto ben 14 voli con drone sul quale abbiamo caricato una termo camera ad alta sensibilità termica ed abbiamo elaborato 150.000  immagini. Abbiamo coperto la registrazione di 1 Km quadrato di territorio corrispondente al Parco Archeologico di Selinunte. Emergono dalla termo camera delle anomalie termiche riscrivibili e riconducibili ad opere antropiche sepolte – ha dichiarato Fabio Pallotta, geoarcheologo, consulente dell’Università di Camerino e del Parco Archeologico di Selinunte – che oggi ad occhio nudo non si vedono ma sono ricoperte o da dune o da sedimenti che si sono depositati su queste vestigia. Quindi si pensa che la presenza  dell’uomo sia stata molto vasta”.

 

I templi distrutti dai terremoti, ma questi terremoti sono stati generati da quale faglia?

 

“Selinunte nella sua storia millenaria ha subito due forti periodi con sequenze sismiche forti che hanno generato crolli diffusi nei Templi ed i crolli  – ha affermato Pierantonio Pietropaolo, geologo dell’Università di Camerino – hanno avuto due direzioni preferenziali di crollo. Una tendenzialmente nell’allineamento Nord – Sud ed un’altra in direzione Est – Ovest. Questo è molto probabilmente legato a due sorgenti sismiche, a due faglie distinte e dunque l’interrogativo che pone questo studio è che in un’area come questa della Sicilia Occidentale noi abbiamo diverse sorgenti sismiche che possono aver generato i terremoti nella Città di Selinunte ma un’osservazione recente relativa alla sequenza sismica del 1968 del Belice, dopo la quale non si sono osservati i danni nelle strutture ricostruite, ci suggerisce che l’area sismo genetica del Belice non può essere considerata l’area sorgente dei due eventi sismici che nel 3- 4 Secolo prima e poi intoirno al sesto secolo d.C. hanno distrutto quasi interamente i Templi della Città di Selinunte”.

 

Ben 2700 anni fa c’era la via del commercio

 

“Abbiamo ricostruito che ben 2700 anni fa c’erano degli ampi Golfi sia ad Est che ad Ovest dell’Acropoli di Selinunte  – ha dichiarato Marco Materazzi, geomorfologo dell’Università di Camerino – ed anche un ampio Golfo presente alla foce del Belice. Abbiamo anche visto che i fiumi non erano come li vediamo adesso ma avevano una dinamica diversa ed erano molto verosimilmente navigabili per diversi Km nell’entroterra, in particolare il Belice poteva essere navigabile per decine di Km e dunque poteva rappresentare sicuramente un asse viario molto importante sia a fini commerciali che per il trasporto di merci o di legname”.