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Cupra Montana, ritrovato antico acquedotto romano

Cupra Montana, ritrovato antico acquedotto romano

ANCONA 29 GEN.  A volte i sogni, le ambizioni e le speranze possono diventare realtà, il passato può diventare futuro e la scoperta di un “patrimonio” può risvegliare l’orgoglio di un intero paese.

Tutto questo accade a Cupra Montana dove, durante gli scavi per le fondamenta del nuovo teatro comunale, il 20 ottobre 2016 è stato rinvenuto il primo tratto dell’acquedotto che riforniva d’acqua l’antico municipio romano di Cupra Montana.

Al ritrovamento è stata subito fatta la segnalazione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e i lavori sono stati sospesi. Successivamente è stata redatta ed approvata una variante al progetto del nuovo teatro, in quanto il disegno originario incideva marginalmente sul condotto.
Ricevute tutte le necessarie autorizzazioni, i lavori sono ripresi.
Si evidenzia il professionale comportamento dell’impresa esecutrice che, scoperto l’acquedotto, ha interrotto tempestivamente gli scavi, avvisando la Direzione Lavori e il Comune di Cupra Montana.

Lo scavo ha portato alla luce un cunicolo interamente incavato a mano nell’arenaria, alto 2 metri, con uno sviluppo di circa 34 metri e una pendenza del 2 %. (vedi rilievo allegato)
Il condotto risulta facilmente percorribile verso monte, ovvero verso il suo inizio, mentre a valle è completamente ostruito da un palo in cemento armato costruito per sorreggere un piccolo edificio adiacente al futuro teatro comunale.
L’eccezionale rinvenimento dell’acquedotto ha trovato la comunità cuprense pronta ad accoglierlo, a preservarlo e a valorizzarlo, come mostra la numerosa affluenza alla conferenza stampa svoltasi in data odierna.

L’esplorazione del cunicolo, da parte degli archeologi della Soprintendenza prima e degli speleologi cuprensi poi, ha fin da subito confermato che tale opera è il tratto iniziale dell’antico acquedotto romano scoperto dallo storico cuprense Don Francesco Menicucci nella seconda metà del 1700.

Infatti da diversi anni gli speleologi del progetto Cupra-Sotterranea in collaborazione con l’Archeoclub di Cupra Montana erano alla ricerca di questo antico acquedotto, descritto in maniera impeccabile dallo storico in una mappa contenuta nel “Commercium Epistolicum”, raccolta di corrispondenza tra il Menicucci e il Colucci datata tra il 1788 e il 1793.
Secondo il Menicucci questo antico manufatto si snoda lungo il versante nord-ovest di Cupra Montana passando nella zona anticamente chiamata le “Canalecchie” (via Gaspare Spontini), toponimo che probabilmente riconduce al “canale”, ovvero all’acquedotto.

Scrive il Menicucci:
“Acquedotto sotterraneo magnifico scoperto nel 1779. Egli è incavato nel tufo, in figura ovale, alto Palmi Rom. 9 largo Palmi 5. Il suo cominciamento si è trovato essere in o presso la Casa de’ Sig.ri Grana, ora de’ Sig.ri Conti Leoni. È stato sino ad ora scoperto fino al luogo p. Ha un declivio regolarissimo, e tendente verso il Tempio di S. Eleuterio. Più oltre dal punto o sopradetto non si poteva incavare, a motivo appunto del declivio, perocché il terreno da lì alla parte del Ponente si sbassa. Gli antichi suoi Fabbricieri nell’incavarlo, dove videro mancare il tufo, vi supplirono con delle mura fatte a sacco, ed insieme [come soglion dire] a stagno, perché potessero resistere all’acqua. Vi si vede ai lati, ed assai più nel fondo, il tartaro fatto dalla acque, e parecchie buche verticali e quadre, chiamate volgarmente sbocche q, q, q, q, q, q, onde potesse l’acqua scorrervi facilmente. Quest’amplo acquedotto egli è diversissimo da quello che si scoperse a’ tempi del P. Sarti, il quale ne ragiona a carte 51, n° XXVI alla sopra lodata sua opera di Cupra-Montana. Tal’acquedotto è situato, come poc’anzi si accennò, a Mezzo-Giorno, ed è assai più piccolo. Ma quello, di cui parliamo, sta dalla parte opposta, cioè di Tramontana. Da questa parte gli antichi Cuprensi con somma avvedutezza posero a lavorare il fin qui descritto sontuosissimo sotterraneo, per provvedere di acque la loro Città, perocché tal’elemento, giusta le leggi Fisiche, deve più assai che altrove sgorgare nella pendenza delle Colline dalla parte di Tramontana. Le possessioni, che vengono da quest’Acquedotto occupate, denominansi ab antica con il vocabolo le Canalecchie, conforme osserviamo in più nostri Codici, e specialmente nel Catasto dell’anno 1345 alle pergamene 139, 140, 148; dal che sembrami potersi argomentare, tal sotterraneo non essere stato per avventura ignoto a’ nostri Vecchi, ed averlo questi verisimilmente detto “il Canale”, onde può credersi originata quela denominazione di “Canalecchie”. L’Acquedotto divisato dal suo principio sino a dove si è fino ad ora scoperto, si estende in lunghezza passi geometrici num.° 410. Rimane sotto la superficie della terra la misura d’un uomo.”
Probabilmente fu scoperto nell’area dell’attuale cimitero in occasione di alcuni scavi archeologici nel 1779, da lì Francesco Menicucci riuscì a risalire lungo il suo percorso descrivendolo in modo approfondito, annotando dimensioni e materiali di costruzione, tramandandoci così uno studio completo sull’opera.

Dopo aver scandagliato accuratamente il tragitto indicato le indagini degli attuali “speleo-archeologi” cuprensi furono interrotte per l’assenza di tracce.
Nessuno si aspettava infatti che l’acquedotto si trovasse in un luogo diverso da quello indicatoci dal Menicucci e cioè circa 50 metri più lontano dall’area dell’Ex cinema-teatro, dove è stato rinvenuto.

L’Amministrazione Comunale è attualmente impegnata a reperire le risorse finanziarie necessarie per la rimozione di quanto impedisce l’esplorazione del tratto a valle dell’acquedotto.
La disostruzione del condotto permetterebbe, salvo ulteriori interruzioni, di visionare la parte restante, la quale dovrebbe proseguire sotto il Viale della Vittoria, attraverso il campo sportivo, rimanendo nella parte retrostante delle abitazioni di via Bovio per poi andare a terminare nei pressi del viale del cimitero.

Osservando la sezione del cunicolo possiamo notare che la volta a tutto sesto poggia su pareti che, stringendosi verso il basso, formano una “V”. In questo modo, nei momenti di siccità, l’acqua rimane nella parte bassa dell’acquedotto che, essendo più stretta (circa 35/40cm), riesce a convogliarla con maggior velocità verso valle. Al contrario nei periodi di pioggia e quindi con il livello d’acqua più alto, l’allargamento del condotto (fino a un massimo di circa 90cm) permette un deflusso più lento e controllato. Questo sistema garantiva un approvvigionamento dell’acqua alla città pressoché regolare.

Si può anche ipotizzare che come in altri acquedotti romani di questa portata, il condotto vada a terminare in una grande cisterna, in genere sotterranea, che ha lo scopo di accumulare e distribuire poi nel migliore dei modi l’acqua all’interno della città.

Lo storico Don Francesco Menicucci non menziona una cisterna però scrive:

“Mura sotterranee, che dal sopradetto Acquedotto vanno a terminare nell’infrascritto Predio di S. Eleuterio. Intorno ad esse trovaronsi parecchie volte ed archi con molte ossa di umani cadaveri.”
Non è da escludere quindi che il luogo da lui indicatoci corrisponda ad una cisterna, la quale potrebbe essere stata utilizzata come fossa comune nel periodo delle grandi pestilenze.

Entrando all’interno dell’acquedotto si rimane subito affascinati dalla complessità dell’opera che richiede non poca fantasia per immaginare come questo acquedotto sia stato concepito e realizzato. Ci si rende subito conto di essere all’interno di un luogo inviolato da secoli: l’ambiente buio, umido e ovattato rende l’atmosfera quasi mistica. Salta subito all’occhio la geometrica precisione dello scavo, realizzato con la maestria che solo i Romani sono stati in grado di ottenere.

A questo punto non ci rimane altro che attendere il proseguimento dell’esplorazione per poter apprezzare e valorizzare al meglio ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato.