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Gravidanze, I Numeri delle Interruzioni nelle Marche

Un neonato è risultato positivo al tampone da covid-19, a seguito di un altro tipo di intervento.
Gravidanze
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ANCONA 20 GEN.  Qual è la situazione delle interruzioni di gravidanza nelle Marche? La CGIL ha esaminato i dati dell’ultima Relazione del Ministero della salute sull’attuazione della Legge 194/78 nonché i dati forniti dalla Regione Marche.

Nel 2013, nelle Marche sono state effettuate 2.050 interruzioni volontarie di gravidanza, con un calo rispetto all’anno precedente superiore a quello nazionale (rispettivamente -6,3% e -4,1%). Rispetto a 35 anni fa, il numero di aborti è più che dimezzato: -60,5% nelle Marche e -56,2% a livello nazionale.

Il 60,5% delle donne che ricorrono all’IVG ha la cittadinanza italiana e ben il 39,5% ha la cittadinanza straniera; la loro età è mediamente più elevata rispetto alla media nazionale e anche a quella delle altre regioni del Centro e la percentuale di giovani con meno di 15 anni è nettamente inferiore alla media nazionale (della metà).

Nelle Marche, le donne occupate o comunque in cerca di lavoro, che ricorrono all’interruzione di gravidanza, sono in misura mediamente superiore rispetto alla media nazionale o delle regioni centrali, mentre inferiori sono le percentuali di casalinghe e studentesse.

La maggior parte delle interruzioni di gravidanza vengono effettuate nella provincia di residenza della donna: 61,7% del totale, ma si tratta di una percentuale nettamente inferiore a quella nazionale (76,3%) e soprattutto a quella delle regioni del Centro (79,4%).

Particolarmente elevato risulta, invece, il numero di interventi fatti in una provincia della regione diversa da quella di residenza delle donne: 28,5% del totale, ovvero quasi il triplo del dato nazionale (11,3%) e di quello del Centro Italia (10,3%). Si reca fuori regione il 6,4% delle donne marchigiane (5,8% la media nazionale e 6,1% quella delle regioni del Centro).

La maggior parte delle interruzioni di gravidanza vengono effettuate con il metodo karman (80,8% del totale, mentre la media nazionale è del 59,0%).

Nel 2013, non risulta essere somministrata la RU486; peraltro, nelle Marche, le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine” sono state adottate solo nel giugno 2014 (DGR 675/2014), ponendo la regione all’ultimo posto tra quelle che hanno disciplinato il ricorso all’aborto farmacologico. Un dato che si scontra con quello di regioni limitrofe come l’Emilia Romagna, dove tale metodo ha interessato il 21,8% dei casi, o la Toscana, (11,7% del totale), per non parlare di realtà come il Piemonte (23,3%) o la Liguria (30,5%).

Per quanto riguarda la presenza medici, anestesisti e paramedici obiettori di coscienza nelle varie strutture ospedaliere marchigiane, il quadro è sconsolante: a fine 2013, gli obiettori rappresentano il 67,1% dei medici, il 51,1% degli anestesisti e il 43,3% dei paramedici.

La situazione che si osserva nei singoli ospedali è ancora più preoccupante: all’ospedale di Ascoli Piceno sono obiettori tutti i medici e i paramedici nonché l’82,4% degli anestesisti .

Tutti obiettori anche i medici dell’ospedale di Jesi, dove fino a qualche mese fa le IVG venivano effettuate grazie a un medico non obiettore a contratto proveniente da Fabriano; situazione analoga all’ospedale di Fano dove è obiettore il 92,3% dei paramedici e il 71,4% dei medici, e l’attività viene garantita da personale proveniente da Pesaro.

Non vengono effettuate interruzioni di gravidanza negli Ospedali di Osimo e Fermo, dove sono obiettori rispettivamente l’87,5% e il 90,0% dei medici.

Ad allarmare c’è anche la continua e rilevante crescita del numero degli obiettori negli ultimi anni: nel 2013 ci sono 18 medici e 23 anestesisti obiettori in più rispetto a solo 6 anni prima.

Peraltro, il ricorso massiccio all’obiezione di coscienza, oltre a negare i diritti delle donne, penalizza anche medici e infermieri non obiettori sui quali ricade tutto il carico delle interruzioni di gravidanza.

“Di fronte alle difficoltà e rilevanti criticità che rischiano di svuotare di significato la Legge 194/78 – dichiara Daniela Barbaresi, segretaria regionale Cgil Marche -, la CGIL, da anni, avanza tre proposte: innanzitutto che la direzione dei presidi in cui si effettua l’interruzione di gravidanza sia affidata a chi non è obiettore; in secondo luogo che il requisito della non obiezione sia introdotto per chi deve essere assunto o trasferito in presidi con oltre il 50% di obiettori. Infine, che la Regione ricorra all’istituto della mobilità, previsto dalla stessa Legge 194/78 per coprire le carenze di medici e infermieri non obiettori”.

Per queste ragioni, conclude Barbaresi, “due anni fa, anche la CGIL ha presentato al Consiglio d’Europa un reclamo per violazione dei diritti delle donne e dei medici non obiettori di coscienza. A breve conosceremo la decisione di merito”.