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LAVORATORI PUBBLICI, MOBILITAZIONE NAZIONALE L’8 NOVEMBRE

cgilANCONA 13 OTT. Per la prima volta, il pubblico impiego insieme per una mobilitazione nazionale che culminerà con una manifestazione a Roma il prossimo 8 novembre: dalle Marche ci saranno circa 3mila lavoratori.

Sono 67mila dipendenti pubblici delle Marche interessati a questa mobilitazione. I sindacati hanno già promosso alcune iniziative come raccolte di firme e assemblee nei luoghi di lavoro.

Le ragioni della protesta, illustrate questa mattina da Fp Cgil, Flc Cgil, Cisl scuola, Fns Cisl, Uil Fpl, Uil Pa e Uil scuola, riguardano l’ennesimo blocco del contratto di lavoro, scaduto nel 2009 e fermo sino al 2018.

Prorogare per tutto il 2015 il blocco della contrattazione nei settori pubblici non solo infliggerebbe un danno ulteriore ai lavoratori ma priverebbe gli enti per un altro anno degli strumenti per riorganizzarsi dall’interno, investire sulle professionalità e fare innovazione.

I lavoratori pubblici hanno già pagato al risanamento un prezzo intollerabile per la dignità del lavoro e per i bilanci familiari: in cinque anni quasi 5.000 euro di mancati rinnovi, con una perdita secca del potere d’acquisto che sfiora le due cifre.

Intanto il debito pubblico continua a lievitare, mentre a livello locale le risorse diminuiscono, i servizi sono messi a dura prova, i bisogni sociali non trovano risposta.

Questo dimostra che le scelte fatte fin qui non hanno abbattuto i veri sprechi, né risolto le inefficienze e i “colli di bottiglia” del sistema; non hanno contribuito a riqualificare veramente la spesa, migliorare i servizi ai cittadini e rilanciare la qualità dell’azione amministrativa.

Dare un contributo per far ripartire il Paese è giusto; ma continuando a colpire e depauperare il lavoro pubblico si rischia la paralisi totale.

Il sindacato chiede di far ripartire la contrattazione, perché con essa si può innovare davvero: investire in progetti per la produttività, sviluppare le competenze, modernizzare l’organizzazione del lavoro, assumere giovani qualificati, risparmiare ottimizzando i processi anziché essere costretti a far quadrare i conti togliendo servizi ai cittadini.

La contrattazione che il sindacato vuole non pesa sui bilanci e nemmeno sulle tasche dei contribuenti: anzi aiuta a spendere meno, perché aiuta a spendere meglio. Ci guadagna l’amministrazione, ci guadagnano le famiglie e le imprese, ci guadagnano i lavoratori pubblici. Con i blocchi e i tagli, invece, ci perdiamo tutti – ci perde il Paese.

Il sindacato vuole per la Pa un progetto complessivo per la riorganizzazione e il rilancio dei servizi pubblici: da costruire e implementare attraverso una forte partecipazione dal basso, dai territori, da alleanze ricche di energie e di idee condivise tra le forze produttive della società.

I sindacati chiedono agli amministratori locali delle Marche di condividere la nostra iniziativa per far sentire forte la nostra voglia di cambiamento vero e partecipato, per chiedere al governo di investire nei servizi pubblici: qualità, innovazione, professionalità, investire nelle risorse umane: mappare i fabbisogni, assumere giovani, fare formazione investire nella partecipazione: trasparenza, relazioni sindacali.

 

Nel comparto scuola questo significa che, come ipotizza il governo, con la cancellazione degli scatti di anzianità il 66% potrà riprendere il proprio percorso di carriere mentre il restante 34% sarà bloccato sino al 2021. “I salari sono in discesa, la prossima Legge di Stabilità taglierà ulteriori risorse alla categoria, chiediamo alla Regione e alle amministrazioni locali un supporto a questa mobilitazione”, hanno detto i sindacati.

Nelle Marche, secondo i calcoli effettuati dai sindacati, il blocco del contratto dal 2009 ha determinato solo ai 27mila lavoratori della conoscenza una perdita di potere di acquisto pari quasi a 170milioni di euro, tra i 4 e i 5mila euro pro capite. Senza contare che i continui tagli hanno creato situazioni come quelle del Pergolesi di Ancona che quest’anno non aprirà.

Nell’ambito di università e ricerca, i sindacati hanno fatto notare che il 66% del personale è precario e, senza il rinnovo dei contratti, tanti rischiano di essere licenziati.