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Violenza di genere, firmato protocollo d’intesa in Regione

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Violenza sulle donne (immagine di repertorio)

Prevenire e contrastare la violenza di genere puntando sulla collaborazione di 65 enti istituzionali marchigiani.

È quanto prevede il protocollo d’intesa che è stato sottoscritto, in Regione, dall’assessora alle Pari opportunità, Manuela Bora, presidente del Forum permanente contro le molestie e le violenza di genere, insieme a rappresentanti Anci, Uncem, Comuni capofila degli Ambiti territoriali sociali, Preture, Procura Generale della Repubblica, Corte di appello delle Marche e Magistrature, Carabinieri, Polizia di Stato, Asur Marche, Ufficio scolastico regionale, organizzazioni sindacali e datoriali, Commissione regionale pari opportunità, Ombudsman Marche, Corecom Marche, Collegio degli infermieri e gli Ordine dei medici, degli psicologi, degli assistenti sociali, degli avvocati, dei giornalisti. Un progetto che, per la prima volta, individua una governance regionale nelle azioni di contrasto al fenomeno, allo scopo di creare un sistema articolato di interventi, equilibrato e omogeneo sul territorio, e che attribuisce agli Ambiti sociali la responsabilità della gestione territoriale. Con la firma del protocollo i soggetti istituzionali si impegnano a cooperare per contrastare la violenza di genere, aiutare le vittime, promuovere la prevenzione, monitorare il fenomeno, realizzare campagne di informazione e sensibilizzazione attraverso i media e i social media. L’intesa rafforza le attività della Rete antiviolenza delle Marche che opera attraverso articolazioni regionali e territoriali. Vede, al momento, la partecipazione dell’86 per cento (65 enti su 75 indicati) delle istituzioni invitate a sottoscriverla che, comunque, potranno farlo successivamente, se vorranno aderire. È stata firmata in concomitanza con la seduta dell’Assemblea legislativa dedicata all’esame del “Rapporto annuale sul fenomeno della violenza di genere nella regione Marche”, curato dalla Giunta regionale. Una realtà che ha visto, nel 2016, 417 donne rivolgersi ai cinque Centri antiviolenza marchigiani. Si stima che siano solo il 10% delle vittime: quelle che hanno avuto il coraggio di segnalare la propria situazione per chieder un aiuto. “L’obiettivo dell’intesa è quello di affrontare il fenomeno con una visione multidisciplinare, che non riguardi solo l’aspetto sanitario del problema, ma affronti anche quello della tutela legale e della formazione del personale che prende in carico le donne vittime – ha affermato l’assessora Bora – La Giunta regionale, in tre anni, ha decuplicato le risorse per contrastare il fenomeno, passando dai 100 mila euro del 2015 agli oltre 1,3 milioni attuali. In parte sono risorse ministeriali, ma che consentono di predisporre una programmazione triennale, mai avvenuta in precedenza nella nostre regione”. Bora ha poi ricordato che una settimana fa la Giunta regionale, “tra le prime in Italia, ha introdotto l’esenzione del ticket per le donne che subiscono violenza e un codice rosa che garantisce l’anonimato e la presa in carico immediata da parte di un’equipe multidisciplinare. Altre azioni in programma prevedono la realizzazione di centri provinciali per aiutare a guarire gli uomini maltrattanti. Attualmente è operativo solo quello di Ancona che copre le esigenze di tutte le Marche”.

Sergio Sottani, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Ancona, ha parlato della necessità di “fare rete per portare le competenze di ciascuno nel contrasto alla violenza di genere. Va scongiurato il rischio che il processo diventi una vittimizzazione secondaria per la donna, promuovendo un atteggiamento culturale che renda consapevoli sull’uso delle parole, nei loro confronti, durante i dibattimenti”. Il prefetto di Ancona Antonio D’Acunto ha apprezzato l’obiettivo del protocollo che “punta a spalmare le competenze tra i vari settori, valorizzando le specificità di ciascuno”. Emma Capogrossi, assessore al Comune di Ancona e rappresentante Anci Marche, ha sottolineato l’impegno della Regione: “Usciamo finalmente dall’ambito ristretto delle pari opportunità per una piena e completa presa di coscienza del problema”.

I dati. Il profilo della vittima di violenza è quello di una donna di età compresa tra i 36 e i 45 anni (31,5%), coniugata (46,5%), italiana (78%), con figli (67%), con diploma di scuola media superiore (54%) e, a seguire, laureata (27%), con un’occupazione stabile (38,4% – in cerca di prima occupazione il 18,5%). Un profilo che conferma quello del biennio precedente, con un’età media lievemente innalzata rispetto al 2015 (incremento della classe 1951-1960, decremento della 1971-1990). Lo stato civile, quando dichiarato dalla donna maltrattata, è coniugata per il 46,5% e nubile per il 23,7%. Quelle separate sono 62 (59 nel 2015), mentre divorziate risultano 28 (15 nel 2015). Dati importanti che ribadiscono la rilevanza della violenza in famiglia. La maggior parte sono donne che vivono in un contesto familiare (coniugate o conviventi), vittime spesso del marito o del partner: su 173 donne coniugate, 136 segnalano il marito come maltrattante. Gli autori della violenza sono uomini di età compresa tra i 46 e i 55 anni (31,9%), di nazionalità italiana (83,5%), con diploma di scuola media superiore (54%) e occupazione stabile (49,5%). Il profilo tratteggiato è quello di uomini “assolutamente normali”, avulsi da “caratteristiche devianti” che corrisponde a quello delle vittime, contraddicendo lo stereotipo della differenza socioculturale come causa di dissidi. Il 37,8% sono coniugi, autori principalmente di violenza psicologica (73% dei casi) e fisica (54% a testimonianza della copresenza di diversi tipi di maltrattamenti). Il 55,7% dei figli minorenni e il 20,3% di quelli maggiorenni hanno assistito o subito la violenza familiare, introiettando modelli relazionali basati sulla sopraffazione e la mancanza di rispetto. Il 39,6% delle donne che hanno indicato “azioni successive alla violenza” ha segnalato il ricorso al Pronto soccorso.