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Assunzioni Marche, il 90% sono precarie

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ANCONA 31 LUG.  Dai dati che emergono dall’osservatorio sul precariato Inps, rielaborati dall’Ires Cgil Marche, emerge un quadro regionale ormai delineato.

Nei primi cinque mesi del 2017, gli effetti del Jobs act sui contratti a tempo indeterminato sono praticamente azzerati; risultano invece molto importanti gli effetti negativi legati alla liberalizzazione dei contratti a termine.

L’88,5% dei nuovi contratti attivati sono precari, di questi il 74,2% a termine, il 5,2% di apprendistato e il 9,1% sono stagionali, solo l’11,5% sono a tempo indeterminato.

Ormai, quindi, nelle Marche solo 1 assunzione su 10 è stabile.

Le assunzioni a tempo indeterminato sono 9.152, notevolmente inferiori rispetto a quelle effettuate nel 2016 (-800, pari a -8,04%) e soprattutto rispetto a quelle del 2015 (-7.591, pari a -45,34%). Le Marche risultano essere la quarta peggiore regione, dopo Lazio, Umbria ed Abruzzo per calo dei contratti a tempo indeterminato, rispetto al 2016.

Aumentano significativamente le cessazione dei contratti a termine (+36,08) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il saldo tra assunzioni e cessazioni da rapporti di lavoro a tempo indeterminato è negativo per 5.209 unità, mentre due anni fa il saldo era di poco positivo.

Aumenta a dismisura il lavoro precario con 59.004 avviamenti a tempo determinato (+45,08% rispetto al 2016), con 4.126 contratti di apprendistato (+37% sul 2016) e con 7.254 contratti stagionali (+30,6% sul 2016).

Nelle Marche il complesso delle assunzioni aumenta del 34,4% rispetto al 2016, più di ogni altra regione d’Italia e di più del doppio rispetto alla media nazionale e del centro Italia, ma aumenta più che ogni altra regione d’Italia l’utilizzo dei contratti a termine e le relative cessazioni.

<Non è assolutamente arrivato il tempo di parlare di ripresa occupazionale – dichiara Daniela Barbaresi, Segretaria generale Cgil Marche -; quello che preoccupa è la qualità del lavoro che si sta creando. La nostra regione è la più precaria d’Italia e questo triste primato è lo specchio del tessuto economico e produttivo, fatto di micro imprese, in ritardo e ancora troppo orientato alla competizione sui costi e in maniera specifica sul costo del lavoro>. Per questo, secondo Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche, <servono politiche attive sul lavoro e politiche industriali che orientino ad uno sviluppo di qualità, puntando su formazione e qualificazione del personale>.