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Ecosistema Urbano, Pesaro la città delle Marche più vivibile

Palazzo Ducale di Pesaro

Pesaro è la città più vivibile delle Marche. La città di Rossini, dopo diversi anni, è riuscita a scalzare Macerata dalla prima posizione. È quanto emerge da Ecosistema Urbano 2019, la ricerca di Legambiente, Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore sulle performance ambientali dei capoluoghi di provincia presentato oggi a Mantova. Piazzandosi al 6° posto della classifica nazionale, Pesaro fa un bel balzo in avanti in classifica (era infatti 17° lo scorso anno): migliora nei tre indici relativi agli inquinanti atmosferici che erano già ampiamente entro i limiti, diminuisce leggermente nei consumi idrici pro capite e scende al di sotto del 30% di acqua persa dalla rete (è al 27,6%, era al 32,1% lo scorso anno). Nella città di Rossini resta però praticamente ferma la percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato (oggi il 65,6%, nel 2017 era al 66,1%), e aumenta di poco il monte rifiuti prodotti. Di contro, è cresciuto di molto il numero di viaggi effettuati dai pesaresi con il servizio di trasporto pubblico: nel 2018 ogni abitante ha effettuato almeno 24 viaggi sul bus (lo scorso anno erano 14). Pesaro si conferma, inoltre, città ciclabile sulla scia del successo della Bicipolitana ed è nona assoluta (con 20,31 metri equivalenti ogni 100 abitanti) per infrastrutture dedicate alla ciclabilità.

 

Al 15° posto della classifica nazionale, Macerata si distingue positivamente riguardo la raccolta differenziata dei rifiuti. Si conferma, infatti, prima tra le città marchigiane con il raggiungimento del 75,5% di RD, continuando a crescere rispetto allo scorso anno ed è tra le migliori a livello nazionale per quanto riguarda la percentuale di abitanti serviti dalla raccolta porta a porta (91,9%). La città dello Sferisterio, inoltre, risulta virtuosa per la percentuale di dispersione di acqua in rete, riuscendo a contenere le perdite sotto il 15%. A pesare sulla città, invece, la scarsa presenza di piste ciclabili e di aree pedonali, rispettivamente 1,42 metri equivalenti/100 abitanti e 0,23 mq/abitante.

 

Al 42° posto, Ancona perde otto posizioni rispetto allo scorso anno e non riesce a brillare nella classifica nazionale. A pesare sul piazzamento del capoluogo, il dato relativo alla percentuale di raccolta differenziata, che si attesta al 54,7%, ben al di sotto della percentuale minima prevista dalla legge e la produzione di rifiuti urbani (520 kg/ab/anno). Le poche aree pedonali fruibili, circa 0,18mq ad abitante e la scarsa presenza di piste ciclabili (circa 1,37 metri equivalenti ogni 100 abitanti), inoltre, non aiutano a scalare la classifica nazionale e la percentuale di dispersione di acqua in rete è piuttosto alta (oltre il 30%). Nota positiva, invece, l’alto utilizzo da parte dei cittadini del trasporto pubblico locale, con una media di 110 viaggi per abitante all’anno, dato che fa ben sperare per un ulteriore sviluppo futuro della mobilità urbana più rispettosa dell’ambiente e della salute.

 

La performance non proprio positiva di Ascoli Piceno, invece, è dovuta a prestazioni insufficienti in gran parte degli indicatori presi in considerazione, anche se va sottolineato che la città recupera ben dieci posizioni in classifica rispetto allo scorso anno (da 68° a 58°) soprattutto grazie al miglioramento della percentuale di raccolta differenziata, che si attesta al 64,7% (prima era al 47,3%). A pesare invece sulla città, il basso utilizzo da parte dei cittadini del trasporto pubblico locale (solo 22 viaggi per abitante all’anno), l’alto numero di morti/feriti ogni 1000 abitanti (8,2) e l’alto tasso di motorizzazione auto (69 auto circolanti ogni 100 abitanti). Scarso anche il patrimonio di aree verdi, disponibili per ciascun cittadino, presente sul territorio comunale (8,9 mq ad abitante).

Per quanto riguarda la qualità dell’aria, Pesaro e Macerata presentano nel complesso performance sufficienti, mentre quelle di Ancona e Ascoli Piceno risultano, purtroppo, ancora non del tutto sufficienti.

«È nelle città che si gioca la sfida cruciale dei cambiamenti climatici, perché lì si produce oltre la metà delle emissioni di gas serra. Per andare oltre gli impegni presi con l’Accordo di Parigi del 2015 non basta quanto si sta facendo – commenta Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche –. Va impressa un’accelerazione alla transizione energetica, vanno spinte le città a correggere in chiave ecologica l’edilizia e i rifiuti, i trasporti e l’industria, creando occupazione, green e circular economy, stimolando la domanda di prodotti eco-compatibili, di consumi sostenibili, lo sviluppo di filiere agroalimentari di qualità e a basso impatto ambientale. Per fare questo, è fondamentale che, a livello locale, Amministrazioni, cittadini e associazioni si mobilitino per lavorare insieme alla costruzione di città migliori e più desiderabili. Chiediamo, dunque, a tutti gli enti locali di promuovere politiche capaci di favorire l’innovazione, la sostenibilità e la rigenerazione urbana».

 

A seguire sono state premiate le Buone pratiche urbane 2019, esperienze che dimostrano che il cambiamento è possibile, anzi è a portata di mano, quando c’è davvero la voglia di creare discontinuità con il passato e di mettere in campo azioni per ridurre gli impatti ambientali. La città di Pesaro è stata menzionata tra le buone pratiche grazie al suo ruolo da apripista per quanto riguarda la Bicipolitana. La rete di ciclopercorsi che si ispira allo schema di una metro con linee di diversi colori ha modificato gli stili di mobilità all’interno del Comune dove ora circa una persona su tre si sposta in bici. Attualmente le 11 linee della Bicipolitana si sviluppano per 90 chilometri e altre sono in via di realizzazione. Accanto ai ciclopercorsi si è lavorato molto sulla sicurezza dello spostamento non motorizzato e sulla pedonalità: interventi che hanno permesso, nei fatti, una diversa narrazione della viabilità, facendo diventare chi si muove con le proprie gambe il principale interprete della città smart.

 

Sono 18 gli indicatori selezionati quest’anno per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. L’insieme degli indicatori selezionati per la graduatoria complessiva copre sei principali componenti ambientali presenti in una città: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi idrici domestici, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), tre sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto, piste ciclabili e isole pedonali), uno sul verde urbano, uno sull’incidentalità stradale, uno sulle energie rinnovabili e uno sull’uso efficiente del suolo. Anche quest’anno è stato inserito l’indicatore relativo alla presenza di alberi in area urbana, dato che tutti i comuni sopra i 15mila abitanti sarebbero tenuti a contabilizzare, come previsto dalla legge 10/2013. Nel computo complessivo va considerata infine l’assegnazione di un punteggio addizionale (in termini di punti percentuali aggiuntivi) per quelle città che si contraddistinguono in termini di politiche innovative, gestione efficiente delle risorse e risultati raggiunti in quattro ambiti: recupero e gestione acque, ciclo dei rifiuti, efficienza di gestione del trasporto pubblico, modal share.