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Elezioni 2022: Confprofessioni Marche incontra il candidato della Lega Mirco Carloni

Mirco Carloni
Mirco Carloni (Confprofessioni Marche -Fano )

Fano – Oggi Confprofessioni Marche ha incontrato il candidato della Lega alle elezioni politiche 2022 Mirco Carloni, attuale assessore e vice presidente della Giunta regionale, per presentare la propria agenda programmatica da rivolgere alla politica della prossima legislatura. L’appuntamento ha fornito l’occasione per approfondire priorità e criticità che riguardano economia e lavoro, in una discussione aperta e in presenza della delegazione regionale della Confederazione Italiana Libere Professioni e del suo presidente Gianni Giacobelli. “Occorre portare di nuovo la professionalità al centro della politica – ha dichiarato Carloni – che non può esser lasciata a mestieranti o dilettanti. Proprio il libero professionista, infatti, comprende che la politica è un lavoro ‘professionale’ che non si può improvvisare, e mi impegno a far mie le proposte qui esposte, per valorizzare il ruolo dei liberi professionisti, agevolandone il ruolo fondamentale per la società e la produttività del Paese, alleggerendo il carico della burocrazia, per il grande contributo che queste attività possono apportare, proprio se ci fossero meno beghe, procedure meno complicate che, troppo spesso, sono di ostacolo. Un incontro davvero utile, che sarà foriero di iniziative da portare avanti insieme”.

Sono queste, in sintesi, le proposte di Confprofessioni ai prossimi parlamentari:

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“Professionisti per l’Italia, confronto aperto con la politica”:
le priorità delle libere professioni

Da oltre cinquant’anni, Confprofessioni è la principale organizzazione di rappresentanza dei liberi professionisti italiani: a partire dal nucleo tradizionale della rappresentanza dei professionisti ordinistici, sono ora partner della confederazione anche le associazioni delle nuove professioni riconosciute dalla legge 4/2013. Una platea di oltre 1,8 milioni di lavoratrici e lavoratori altamente qualificati, che contribuisce al PIL nazionale per oltre il 12,5%, dando lavoro a dipendenti e collaboratori degli studi professionali e alimentando il Paese di competenze avanzate e sapere professionale. È dall’esperienza delle libere professioniste e dei liberi professionisti che sono emerse le priorità che abbiamo qui sintetizzato. Le affidiamo alle forze politiche perché diventino, a partire dalla XIX Legislatura, patrimonio comune per il rilancio del Paese.

L’agenda di Confprofessioni per le elezioni politiche 2022 propone così:

1. Un piano choc per riportare i giovani nella libera professione
Il primo e più urgente intervento di sistema è ricondurre i giovani nella libera professione. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo registrato un flusso crescente di neolaureati verso forme di lavoro dipendente e, contestualmente, un preoccupante calo di iscritti agli albi professionali, soprattutto nell’area tecnica e legale. Un paio di esempi aiutano a comprendere il fenomeno. Tra il 2011 e il 2020 il numero di ingegneri dipendenti è cresciuto di oltre il 35%, mentre chi svolge l’attività in forma indipendente segna una flessione dell’1,6%. Le stesse dinamiche si registrano tra gli architetti e nell’area legale, dove nello stesso periodo il numero di avvocati è cresciuto rispettivamente del 23% e del 10% come attività “dipendente” e autonoma. Le ragioni di tale tendenza sono numerose e strettamente correlate alle attuali condizioni in cui versa la libera professione. Redditi sempre più in contrazione, una fiscalità penalizzante e una burocrazia asfissiante spostano inevitabilmente l’ago della bilancia verso forme di lavoro dipendente. Non è un problema esclusivo del mondo professionale, ma un’emergenza che investe l’intero Paese, già oggi costretto a importare liberi professionisti dall’estero, come dimostra la recente decisione della Regione Calabria di assumere 497 medici cubani per far fronte alla carenza di personale negli ospedali. Al prossimo Governo chiediamo l’impegno di varare un piano choc per favorire l’occupazione giovanile nella libera professione, per non disperdere quel patrimonio di competenze economiche, tecniche, scientifiche e culturali che hanno sostenuto il sistema produttivo e sociale del Paese. Si tratta di un piano straordinario di ampio respiro che, partendo dalle università e dalla necessità di programmare nuovi corsi di laurea più aderenti ai trend del mercato del lavoro e alle mutate esigenze della società, mira a favorire e agevolare l’inserimento di giovani neolaureati nella realtà della libera professione, individuando interventi, strumenti e sostegni mirati che favoriscano l’inclusione delle nuove generazione nel mercato del lavoro: nuovi modelli formativi per lo sviluppo di competenze tecniche, iperspecializzazione e soft skill; accesso agevolato al credito, incentivi per le start up professionali e le nuove tecnologie digitali, credito d’imposta sugli investimenti in beni strumentali, tutele di welfare contrattuale e politiche che favoriscano la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Sono solo alcune misure che possono creare un ambiente favorevole per attrarre le nuove leve nella professione. Ma non bastano, perché a monte occorre risolvere altre annose questioni che si trascinano da anni e ripristinare le condizioni di parità tra il lavoro autonomo e dipendente, incrementando le tutele dei soggetti meno garantiti e rimuovendo tutti i vincoli che impediscono al libero professionista di accedere agli incentivi e alle misure di sostegno previsti dal legislatore.

2. Equo compenso, ripartire per tutelare i professionisti
Per i liberi professionisti italiani, è di primaria importanza giungere quanto prima ad una normativa che conferisca piena vigenza al principio dell’equo compenso delle prestazioni professionali. Il diritto all’equo compenso rappresenta infatti un ineludibile strumento di attuazione della Costituzione nella prospettiva di uguaglianza tra lavoratori e, ancor prima, un impegno per l’affermazione della dignità della professione. Non solo, l’equo compenso è anche la cifra del livello di trasparenza nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e professionisti. La disciplina vigente in materia, risalente al 2017, si è rivelata timida, incongruente e di complessa applicazione, e ha dato luogo a sviluppi giurisprudenziali incoerenti. Auspichiamo, pertanto, che nella prossima Legislatura possa essere varata una legge in tal senso, anche riprendendo e aggiornando l’impegnativo lavoro già svolto dalle Camere sul disegno di legge recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” (AS 2419), nella XVIII Legislatura.
Occorre tuttavia avere ben chiaro, come d’altronde segnalato dalle rappresentanze delle associazioni professionali e dagli stessi ordini, che il testo esaminato nella precedente Legislatura necessita di una serie di modifiche e correttivi, che riteniamo imprescindibili per renderlo aderente alle reali esigenze dei professionisti e garantire al contempo un corretto equilibrio nei rapporti tra imprese, P.A. e professionisti: ci limitiamo a menzionare l’ampliamento del perimetro di applicazione della normativa, l’abolizione delle incomprensibili sanzioni disciplinari a carico del professionista e la rimozione dei poteri di regolazione del mercato conferiti agli ordini, che risultano del tutto incoerenti con la libera concorrenza e le stesse funzioni istituzionali degli ordini professionali. In questa direzione andavano, d’altronde, anche le segnalazioni formulate dalla Consulta del lavoro autonomo del CNEL, il 28 ottobre 2021, che mirano a non vanificare l’obiettivo primario di garantire un equo compenso ai liberi professionisti e ad evitare l’introduzione di strumenti punitivi che rischierebbero, paradossalmente, di penalizzarli.

3. Il riordino degli incentivi, pari dignità tra professionisti e Pmi
Negli ultimi mesi, il Governo aveva messo in cantiere un processo di revisione sistematica degli strumenti di incentivazione delle attività produttive, che negli ultimi anni si sono in effetti moltiplicati e sovrapposti, determinando la disorganicità del quadro regolativo. Si tratta di un obiettivo condivisibile, cui occorre mettere mano non solo nella prospettiva di un ripensamento delle esigenze prioritarie di sostegno alla modernizzazione del tessuto produttivo, ma anche nella consapevolezza che l’attuale sistema ha determinato sperequazioni e discriminazioni tra i soggetti economici che non appaiono più tollerabili.
Come già accennato, professionisti e lavoratori autonomi sono frequentemente esclusi da incentivi e agevolazioni concessi ad altri soggetti economici, in quanto la partecipazione ai suddetti bandi è subordinata – vuoi in sede legislativa, vuoi in sede di attuazione – al requisito dell’iscrizione alle Camere di Commercio. Un requisito che, di fatto, esclude i professionisti iscritti a un albo professionale. A ciò si aggiungono ostacoli di ordine pratico che sovente riscontriamo, quali obiettivi di intervento non adeguatamente tarati sulle esigenze specifiche del settore professionale, o l’individuazione di soglie minime di finanziamento che non si conciliano con le dimensioni ridotte degli studi professionali.
Riteniamo dunque necessario affermare in via legislativa il principio generale di piena equiparazione tra professionisti e imprese, mettendo sullo stesso piano l’iscrizione dei liberi professionisti ad albi, collegi e ordini professionali a quella delle imprese alla Camera di Commercio. Questa è d’altronde l’unica direzione compatibile con il diritto europeo e con la consolidata giurisprudenza sovranazionale, che accomuna la nozione di microimpresa e libero professionista: in particolare, la Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 considera «impresa» qualsiasi entità, «a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che svolga un’attività economica, incluse in particolare le entità che svolgono un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono regolarmente un’attività economica». L’equiparazione tra libero professionista e PMI accolta dal diritto europeo fatica tuttora ad essere recepita nel nostro ordinamento giuridico nazionale, contrariamente a quanto accade negli altri paesi membri dell’Unione. Il mancato allineamento del quadro regolatorio italiano, al diritto europeo, determina una ingiustificata limitazione nei confronti dei liberi professionisti dalla quale consegue una grave discriminazione e una mancanza di concorrenza.

4. Promuovere i processi aggregativi per liberare la crescita
La più evidente debolezza organizzativa delle attività professionali in Italia consiste nelle loro ridotte dimensioni, sia dal punto di vista del numero dei professionisti occupati negli studi, sia dal punto di vista del capitale finanziario disponibile per interventi di sviluppo infrastrutturale ed economico. Al contrario la competitività dei liberi professionisti, e la loro capacità di concorrere in un mercato sempre più complesso e articolato, passano inevitabilmente attraverso processi di aggregazione, finalizzati a costituire soggetti organizzati in grado di raccogliere sfide sempre più impegnative. La multidisciplinarietà può rappresentare una risorsa preziosa, non limitata peraltro alle professioni tradizionali, ma aperta agli apporti di nuove professionalità, con competenze in settori quali l’IT, la consulenza strategica, la progettazione per l’accesso a bandi e fondi pubblici, la formazione del personale. Per raccogliere sfide tanto impegnative è necessario:
• riformare e rilanciare lo strumento delle Società tra Professionisti (STP), la cui mancata diffusione come strumento per l’esercizio collettivo della professione è collegata a incongruenze connesse non solo allo scenario normativo ma anche ad aspetti fiscali e contributivi;
• prevedere politiche fiscali che favoriscano l’aggregazione tra professionisti, stabilendo la neutralità fiscale del passaggio da uno studio monoprofessionale a STP, e che abbiano l’obiettivo quello di sostenere la crescita dimensionale delle attività professionali, individuando regimi fiscali di vantaggio anche per le nuove società tra giovani professionisti, in particolare nella fase di start-up;
• eliminare il vincolo della doppia contribuzione integrativa sulle prestazioni rese da professionisti soci di STP;
• revisionare il quadro regolativo relativo alla partecipazione dei professionisti ai contratti di rete, prevedendo anche per i liberi professionisti iscritti ad ordini professionali la possibilità di accedere allo strumento delle reti miste.
Siamo convinti che una riforma sistematica delle forme di aggregazione tra professionisti possa promuovere la crescita dimensionale delle attività professionali senza abbandonare il settore alle turbolenze del mercato e all’iniziativa di imprese guidate dall’esclusivo interesse al profitto. In alcuni settori professionali il rapporto tra attività di impresa e libera professione ha assunto conformazioni al limite dell’abusivismo: è evidentemente il caso dell’odontoiatria, in cui sono in gioco i diritti dei pazienti, che sono assicurati dalla centralità del rapporto tra odontoiatra e paziente in ogni aspetto dell’esercizio delle attività odontoiatriche. La diffusione di reti e società di capitali nel settore ha infatti minato la libertà di scelta del paziente e sovente compromette la libertà del professionista e la qualità del servizio reso. Sono dunque urgenti interventi normativi di regolazione del fenomeno, nella prospettiva di mettere i professionisti e le loro iniziative al centro dei processi di aggregazione, impedendo la loro subordinazione a soggetti economici estranei ed impermeabili alla responsabilità e alla deontologia professionale.

5. Medicina di base, sostegno allo sviluppo professionale
La pandemia ha reso evidenti i limiti strutturali del sistema sanitario nazionale, derivanti soprattutto dalla progressiva riduzione delle risorse destinate al settore. Al contempo, è emersa con chiarezza l’importanza del servizio sanitario pubblico e convenzionato, e della rete dei medici di base in particolare, per far fronte alle esigenze della popolazione in un momento tanto drammatico. Ne è derivata una riflessione sullo sviluppo dei servizi sanitari pubblici, in parte raccolta dal PNRR. I medici di base sono oggi al centro delle prospettive di riforma impostate dal PNRR quale strategia di consolidamento del servizio sanitario: tanto con riferimento allo sviluppo dei servizi di telemedicina quanto con riferimento alla realizzazione di servizi di prossimità territoriale, i medici di base rappresentano il motore dell’organizzazione di questi servizi. Sono riforme che implicano un impegno straordinario, e non si può pensare di portarle a termine senza investimenti mirati destinati all’incremento del fondo destinato alla stipula degli Accordi Collettivi Nazionali della Medicina Generale, al fine di finanziare funzioni e compiti innovativi per l’assistenza sanitaria territoriale, quali l’incentivazione al lavoro di equipe, telemedicina, tele-consulto e telemonitoraggio, diagnostica di primo livello presso lo studio medico, organizzazione di campagne di prevenzione, vaccinali e di screening, integrazione funzionale con le attività che si svolgeranno presso le
Case della Comunità previste dal PNRR. Al contempo, occorre istituire un fondo ad hoc destinato all’incentivazione degli investimenti da parte dei medici di medicina generale e/o delle forme organizzative di riferimento per lo sviluppo tecnologico, telematico e infrastrutturale degli studi di medicina generale: senza le adeguate risorse tecnologiche gli studi medici non saranno in grado di assicurare il previsto potenziamento dell’assistenza domiciliare. Infine, sfide tanto impegnative nella direzione dell’innovazione dei metodi e delle tecnologie, nonché della stessa capacità organizzativa ed imprenditoriale dei medici, rende sempre più urgente una riforma del corso di formazione in medicina generale al fine di aggiornare i programmi formativi, fermi al 1994, e consolidare la formazione-lavoro sia come opportunità formativa, sia come incentivo alla stabilizzazione del ruolo, sia come risposta alla carenza di personale medico.

6. Professionisti e autonomi in cerca di protezione sociale
La crescita e le trasformazioni, anche reddituali e di composizione sociale, del settore delle libere professioni impone, in tutti i Paesi europei, una riflessione sulla protezione sociale dei lavoratori autonomi
e dei liberi professionisti. In un settore che ha oramai perso le sue tradizionali sicurezze e che è esposto alle radicali pressioni trasformative imposte da un mercato dinamico, integrato e molto popolato, il libero professionista non può essere lasciato solo a fronteggiare improvvise crisi di mercato dipendenti da fattori contestuali, o da situazioni di fragilità personale e di ordine familiare. La pandemia ha messo in luce le fragilità e i divari strutturali del nostro sistema di protezione sociale per le categorie di lavoratori autonomi. I dati del nostro Osservatorio mostrano che il comparto del lavoro indipendente ha perso nei primi sei mesi del 2020 circa 170.000 unità (-4,1% su base annua), di cui 30.000 liberi professionisti, mentre le le domande di indennità per il reddito di ultima istanza presentate dai professionisti sono oltre 455.000. Una politica di rafforzamento degli strumenti di protezione sociale dei lavoratori autonomi dovrebbe anzitutto far leva sulla sussidiarietà tramite il coinvolgimento e la valorizzazione degli attori sociali, dei corpi intermedi, degli strumenti bilaterali, dei fondi mutualistici, strumenti nati in seno ad ogni categoria e che meglio possono interpretare bisogni, esigenze e specificità di ogni settore professionale. A questo scopo – come già sottolineato – occorre ristabilire condizioni di equità tra lavoratori dipendenti e autonomi con riferimento al sostegno pubblico all’iscrizione a casse ed enti a carattere mutualistico, istituiti all’interno della contrattazione collettiva, finalizzati all’integrazione delle spese socio-sanitarie del nucleo familiare. Per i liberi professionisti iscritti agli ordini professionali, un impegno rafforzato sul fronte della protezione sociale è richiesto alle Casse professionali, che devono poter sviluppare i loro piani in condizioni di autonomia, nel rispetto delle specifiche condizioni della platea di riferimento. Per raggiungere tale obiettivo, da anni chiediamo che venga abolita (o quantomeno ridotta) l’iniqua doppia tassazione sui rendimenti che grava sugli enti previdenziali privati, il cui obiettivo primario è quello di garantire le pensioni dei professionisti.
Alle tutele che devono essere predisposte e messe in campo dalle Casse professionali per i professionisti ordinistici, si accompagnano le tutele che vanno invece approntate dalla legge per coloro che sono iscritti alla Gestione separata Inps. Nella scorsa Legislatura, anche su nostro impulso e su proposta del CNEL, è stato varato l’ISCRO, l’ammortizzatore sociale per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS. In attesa del completamento del triennio di sperimentazione, sono già emerse alcune esigenze di correzione dello strumento: in particolare, va ridotta l’aliquota contributiva da versare all’INPS per finanziare la misura, poiché i primi monitoraggi hanno attestato un ricorso molto inferiore rispetto a quanto preventivato nella relazione tecnica di accompagnamento alla legge di bilancio 2021, generando così un differenziale tra il gettito acquisito e le prestazioni erogate. Allo stesso tempo, l’analisi delle cause di diniego evidenzia la necessità di rivedere i requisiti richiesti per accedere all’indennità, che al momento appaiono eccessivamente restrittivi.

7. Patrimonio naturale, paesaggistico, artistico e archeologico: un asset del Paese
Riteniamo doveroso dare piena attuazione all’art. 9 della Costituzione, che tutela i valori della cultura e della ricerca, ed impegna a proteggere l’ambiente, il paesaggio e il patrimonio storico e artistico del Paese. Sono valori a cui si dedicano molti liberi professionisti dell’area tecnica, del territorio e della cultura, le cui prestazioni sono sovente sottovalutate in termini di remunerazione dei loro servizi da parte delle amministrazioni pubbliche. Oltre ad intervenire in via legislativa per impedire fenomeni di vero e proprio sfruttamento del lavoro professionale, occorrerebbe approntare moduli collaborativi tra amministrazioni e libera professione, per rendere più agile e frequente la cooperazione pubblico-privato in funzioni prioritarie per le esigenze del Paese, quali la mappatura dei rischi a scopo di prevenzione del dissesto idrogeologico del territorio italiano e la gestione del patrimonio forestale.