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MANDOLINI. IL SEGRETO DI UN DELITTO IMPUNITO

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mandolini commemorazioneANCONA. 16 GIU. Sabato 13 giugno alle 17:30 presso il Parco Monumento a Cialdini in via G. Donizetti 2 a Castelfidardo si è svolta, per volontà della famiglia, la commemorazione per il 20° Anniversario dalla scomparsa del Maresciallo Incursore Marco Mandolini.

Marco Mandolini, il parà della Folgore originario di Castelfidardo era stato brutalmente assassinato il 13 giugno del 1995 sulla scogliera del Romito, a Livorno all’età di 36 anni.

Mandolini era stato massacrato nella notte tra il 12 e il 13 giugno con quarantuno coltellate e finito a colpi di pietra.

Il suo assassino prima di fuggire aveva estratto dai pantaloni della vittima il portafoglio, aveva preso i soldi, ma aveva lasciato i documenti personali, forse per simulare una rapina finita nel peggiore dei modi.

Il corpo era stato notato l’indomani da un bambino tedesco in gita con i genitori che si era affacciato sotto un anfratto.

Da subito erano partite le indagini e gli investigatori erano arrivati alla conclusione che Mandolini “Era andato a un appuntamento con una persona che conosceva bene” e le indagini si erano sviluppate intorno al suo ambiente di lavoro.

Marco Mandolini prima di morire era stato reclutato in una squadra speciale della Nato in Germania, un incarico di grande prestigio, responsabilità e riservatezza, come quelli che aveva svolto in precedenza.
Marco era un incursore; maresciallo capo del Col Moschin, era stato capo scorta del generale Bruno Loi durante la missione ‘Restore Hope’ in Somalia e prima ancora del generale Angioni.

Atletico, conoscitore delle arti marziali ed incursore della Folgore, fino a qualche settimana prima del suo omicidio, era in forza alla base tedesca di Weingarten dove ricopriva il ruolo di istruttore; in Italia era tornato da pochi mesi in licenza per alcune cure sembra per problemi epatici.

Nell’ambito delle indagini di cui se ne occuparono carabinieri, squadra mobile e servizi di sicurezza dell’esercito, come abbiamo detto, erano state seguite diverse piste fino a seguire anche quella del delitto passionale a sfondo omosessuale e quella riguardante un complotto internazionale che avrebbe visto lo stesso Mandolini vittima di manovre oscure e conoscitore di troppi segreti. Si parlò anche di collegamenti con il caso della giornalista Ilaria Alpi uccisa anche lei in Somalia, di alcuni militari morti in modo innaturale e anche di munizioni all’ uranio impoverito.

Alla fine le indagini si erano arenate, insomma erano arrivate ad un punto morto e non si era arrivato neanche a stabilire il movente dell’omicidio.

L’unica traccia era il sangue rinvenuto ed il modus operandi dell’omicida che secondo i due periti doveva avere la stazza e la forza pari a quella di Mandolini, ucciso dopo un confronto estremamente violento e finito con una pietra del peso di 25 kg sulla testa del militare.

Ma i parenti del militari non si sono mai dati per vinti e hanno sensibilizzato sempre l’opinione pubblica e l’ambiente militare il tutto per arrivare alla verità, all’omicida.

Francesco Mandolini, uno dei quattro fratelli di Marco, nel giugno del 1998 raggiunse Livorno a piedi da Ancona per protestare ed esporre uno striscione davanti alla caserma della Folgore con la scritta ‘Una voce vera per un falso silenzio’.

Sta di fatto che nel 2014 la Procura di Livorno a fronte della presenza di nuovi elementi di prova, con l’avvento anche di nuove tecnologie e il rinvenimento di DNA estraneo a quello della vittima, ha riaperto le indagini.

Ora ci auguriamo che quest’omicidio avvolto nel mistero venga finalmente risolto. L.B. (nelle foto di Marco Marchelli: alcuni momenti della commemorazione a Castelfidardo per il Maresciallo Marco Mandolini).

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