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Grande distribuzione, sciopero il 28 maggio di Federdistribuzione

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Grande distribuzione
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ANCONA 26 MAG. E’ di nuovo semaforo rosso nella trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti delle aziende del terziario distribuzione e servizi aderenti a FEDERDISTRIBUZIONE, l’associazione datoriale che organizza i colossi della grande distribuzione moderna tra i quali IKEA, CARREFOUR, AUCHAN, METRO, FINIPER, SMA, GABRIELLI, ZARA, DECATHLON ecc.

“Dopo 28 mesi di trattativa e due giornate di sciopero l’associazione datoriale, nata dalla scissione con Confcommercio, continua ad alzare la posta continua per il rinnovo del contratto nazionale presentando alla delegazione sindacale proposte inaccettabili, volte a ridurre salario e diritti. Con il solito sistema del “prendere o lasciare” offrono aumenti salariali notevolmente inferiori a quelli ottenuti dai lavoratori delle aziende che aderiscono a Confcommercio (lo sconto che chiedono sarebbe pari a 1200 euro in tre anni!) in cambio di meccanismi di flessibilità dell’orario di lavoro, governati unicamente dai datori di lavoro e norme che consentono il demansionamento e la possibilità di derogare al contratto nazionale in situazioni di crisi, senza confrontarsi con le organizzazioni sindacali. Uno scambio in perdita a cui i 5000 lavoratori delle Marche, insieme agli oltre 200.000 che in Italia ogni mattina aprono le serrande dei 14.600 punti vendita che Federdistribuzione vanta iscritti, RISPONDONO CON UNA GIORNATA DI SCIOPERO ! Sabato 28 maggio, addetti alle vendite, cassieri, macellai, gastronomi e magazzinieri, incroceranno le braccia per la terza volta ed animeranno una protesta colorata davanti ai principali punti di vendita delle Marche PER DIRE NO alle ingiustificate forzature che Federdistribuzione gioca ad ogni incontro. Cambiano le proposte ma non il risultato: i datori di lavoro della grande distribuzione cercano di far quadrare quei conti che ancora non “portano” con il taglio diretto e indiretto del costo del lavoro, nella vergognosa convinzione che a pagare il rinnovo del contratto debbano essere gli stessi lavoratori. Il conto poi sarebbe senza sconti: pochi spicci in cambio di flessibilità oraria, demansionamenti e minori tutele”.