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Legambiente, Giornata mondiale dell’acqua 2022: nelle Marche, l’85% dei prelievi proviene dalle acque di falda

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Invisibile ai nostri occhi eppure fondamentale per la vita e gli equilibri sulla terra: parliamo dell’acqua sotterranea, o anche detta acqua di falda, la più grande riserva idrica del pianeta ma anche una delle risorse più dimenticate, quest’anno protagonista della Giornata mondiale dell’acqua 2022 (World Water Day). In questa occasione Legambiente presenta un dossier, lanciando una road map con 3 proposte per tutelare e preservare questi importanti corpi idrici, troppo spesso maltrattati e sovra sfruttati, la cui qualità e quantità è sempre più messa a rischio dall’urbanizzazione, dalla crescita demografica, dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. Il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60), che prevedono il conseguimento di un buono stato (qualitativo e quantitativo) dei corpi idrici, la corretta pianificazione degli usi dell’acqua per prevenire il loro deterioramento (qualitativo e quantitativo) e la messa al bando nella produzione e nella commercializzazione di alcune sostanze inquinanti, persistenti e bioaccumulabili, dannose per l’ambiente e la salute: queste le azioni concrete secondo il cigno verde, che coincidono con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG6) delle Nazioni Unite di una gestione condivisa e sostenibile delle falde, allo scopo di garantire universalmente l’accesso ad acqua pulita e potabile. Ma soprattutto non rinviabili se si pensa che – secondo dati ISPRA – in Italia, nel 2018, sono stati prelevati più di 9,2 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile, di cui in media circa l’85% deriva dalle acque di falda; e alcune Regioni, come Umbria e Valle d’Aosta, ne dipendono totalmente (il 100% delle acque prelevate sono infatti sotterranee).
Le 3 priorità di Legambiente: Primo passaggio fondamentale è il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) che impone agli Stati membri, entro il 2027 (limite prolungato, inizialmente 2015) il conseguimento del buono stato qualitativo e quantitativo dei corpi idrici. I dati ISPRA mostrano una situazione ancora di forte ritardo in Italia: da un punto di vista quantitativo, solo il 75% dei corpi idrici sotterranei risulta classificato e di questi solo il 61% risulta in uno stato chimico “buono”, il 14% “scarso” e ben il 25% ancora non classificato (261 corpi idrici sui 1052 totali). Simile lo stato qualitativo che vede l’83% delle acque sotterranee classificate, di cui il 58% è in stato “buono”, 25% scarso e 18% non ancora classificato. Seconda priorità è la necessaria pianificazione degli usi dell’acqua, per prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo dei corpi idrici: necessario un monitoraggio costante per riuscire ad avere una visione d’insieme sull’impatto che la “somma” delle singole attività di scarico, prelievo, rilascio genera sulla risorsa idrica di un territorio. Infine, la messa al bando nella produzione e nella commercializzazione di quelle sostanze inquinanti, persistenti e bioaccumulabili che stanno generando problemi di tipo ambientale e sanitario in alcune parti del Paese. Un caso emblematico è quello dei PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche, che hanno contaminato alcune porzioni delle falde del Veneto e del Piemonte, ma che si stanno ritrovando anche in numerose parti d’Italia.
“Un tesoro nascosto sotto ai nostri piedi, a decine o centinaia di metri. — ha commentato Mariagiulia Lucchetti, ufficio scientifico di Legambiente Marche — L’acqua di falda dev’essere riconosciuta e protetta, non solo come riserva idrica rinnovabile, ma anche come portatrice di un forte valore ambientale. Le tre priorità che oggi presentiamo vogliono offrire una sorta di road map per arrivare alla gestione condivisa e sostenibile delle acque sotterranee, come auspicato dalle politiche comunitarie, rendendole sempre meno vulnerabili e soggette alle conseguenze del sovra sfruttamento, dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento”.
Le acque di falda in Italia e nelle Marche: Come risaputo il nostro è un Paese a stress idrico medio-alto. Secondo gli ultimi dati ISPRA, in Italia vengono consumati circa 26 miliardi di metri cubi di acqua all’anno: il 55%, è legato agli usi agricoli, il 27% a quelli industriali e circa il 18% per scopi civili. Relativamente al settore “scopi civili”, implicando acque di qualità elevata, nel 2018 sono stati prelevati più di 9,2 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile, di cui in media circa l’85% deriva dalle acque di falda. La Regione Marche si attesta nella media nazionale, con un prelievo di 172 m3 annui di acque per uso civile, di cui l’84,9% di queste acque prelevate, sono appunto acque di falda.
“Riconoscere il valore ambientale delle acque di falda, significa anche preparare azioni concrete per evitare il loro sovra sfruttamento – conclude Lucchetti –andando ad intervenire sugli sprechi e sull’efficientamento del sistema: Ad esempio, sfruttando le risorse del PNRR possiamo ridurre le dispersioni nella rete idrica, che in alcuni territori della Regione arrivano fino al 40% dell’acqua immessa. Dobbiamo inoltre azzerare il consumo di suolo, poiché contrasta la capacità rigenerativa delle falde”